Io non ce la faccio.
I corti animati Disney-Pixar mi spezzano a metà. In pochi minuti, ogni singola
volta, riescono a comunicare un messaggio talmente tanto intenso da rendere l’animo
dello spettatore pieno di amozioni e sensazioni uniche. Mi spezzano per l’appunto.
Sono l’arte dell’accettazione
perché nei pochi minuti raccontano in un modo tutto loro una verità talmente
tanto dolce da poter essere indirizzata ad un pubblico di piccolissimi. Pearl,
Lava, Float, sono solo alcuni dei titoli in cui si parla di amore e si cita
il diverso. Un diverso che sempre si evolve in puro amore.
Passato il mese del Pride,
vi voglio parlare di Out. Il primo corto Pixar nella quale vi è una coppia
omosessuale alle prese con il cambiamento e con l’accettazione. Si tratta,
appunto, di una storia che racconta un venir fuori, in modo fantastico, ammettendo
e sconfiggendo ciò di cui si ha avuto paura fino a quell’istante.
La Sparkshorts,
progetto finanziato dalla Pixar per poter trovare nuovi registi da aggiungere
alla propria schiera, ha deciso di colpire il cuore del pubblico raccontando di
una “nuova” normalità. Nuova. Proprio su ciò si dovrebbe fermare per un
attimo.
È davvero paradossale
che si sia dovuto aspettare il 2020 per poter avere in scena un contenuto Pixar
o Disney – che dir si voglia – che normativi qualcosa di diverso dalla eterosessualità.
Il pride month celebra un orgoglio che è rinato dalle sue stesse ceneri
dal 1969, quindi fare un semplice plauso dalla Pixar per aver creato un corto
del genere ora sembra solo rasentare la sufficienza. Siamo davanti a una major
che sulla sua piattaforma in streaming, non in sala, ha portato un corto,
non un film completo. Un semplice modo che spero che si evolva in un
passo verso qualcosa di più grande e non in un contentino per un pubblico in
continua evoluzione.
Out racconta, dunque,
del coming out di Greg; il ragazzo è alle prese di un trasloco per potersi
allontanare dalla propria famiglia di origine così da poter vivere la sua storia
d’amore lontano dagli occhi di chi ha paura di ferire confessando la verità. I
suoi genitori, però, decidono di piombargli in casa proprio nel bel mezzo del
trasloco mettendolo un po’ spalle al muro, ma qualcosa di straordinario avviene.
Da una dimensione alternativa, appaiono un cane e un gatto magici che incantano
il collare del cucciolo che Greg e Manuel – la coppia del corto – possiedono.
Questo collare fa in modo che Greg finisca momentaneamente nel corpo del proprio
cucciolo, cosa che gli permetterà di “parlare” francamente con sua madre. La
donna confessa al cucciolo di aver compreso chi sia il figlio e soprattutto spera
che lui possa tornare a parlare con lei come faceva una volta, da qui traspare
il messaggio di accettazione che il corto vuole riuscire a trasmettere. Vedere il
volto della donna, la confessione che fa, e il modo con cui confessa di aver
sempre saputo chi sia il figlio sono gli elementi che permettono al pubblico di
entrare effettivamente in empatia con i personaggi del corto. L’amore che traspare
è dolcissimo e rende tenerissima la rappresentazione che viene fatta all’interno
della narrazione.
Viene presentata
come una storia vera, il che è molto probabile vista la realtà di ciò che
accade giorno per giorno. Spero si possa arrivare in un futuro nella quale non
si debba più avere la necessità di dover fare coming out. Spero che un
giorno, un mio possibile figlio o figlia, sappia con quanta facilità possa
confessarmi le sue preferenze, con la stessa semplicità con la quale si possa
dire “ mi piace più il sushi che la pizza”.
La verità della
storia narrata è resa plausibile al di la dell’elemento magico che è stato
inserito. Il cane e il gatto spaziali – sembrano quasi una coppia – sono simbolo
di quei colori che permeano il pride. Quasi come se i due provenissero da una realtà
alternativa nella quale possa essere sempre festa e sempre pregna di orgoglio.
In sostanza spero
che la Disney incentivi la creazione di contenuti LGBTQ+ perché sono la
normalità ed è giusto che una casa di produzione di una tale entità possa dare una
sempre più ampia rappresentazione della realtà così che si possano rendere
normali ciò che normale effettivamente è.
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