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Infatti, vi avviso… ho visto questo film due volte proprio per poter cercare di cogliere ciò che mi era sfuggito in un primo momento. Del resto, le migliori analisi vengono proprio eseguite nell'istante in cui si prende il tempo necessario per poter assimilare. L'analisi del testo non è cosa facile, soprattutto se il significato è ben nascosto.
Le
prime scene, infatti, mi hanno destato lo stesso senso di smarrimento. La voce
di Lucy, interpretata da Jessie Buckley, molto lenta e monocorde. Quasi come se
stesse realmente leggendo un libro e non stesse confessando una propria interiorità,
i propri pensieri per intenderci. Il viaggio che intraprende con il suo ragazzo
si muove sulla stessa corda, lei continua a pensare di finirla qui e per un
breve istante Jake sembra avvertire quel pensiero. Ma da ciò si innesca la loro
conversazione e da quel momento in poi i sue iniziano a discutere di fisica,
poesia e letteratura. Una conversazione che potrebbe sembrare abbastanza lenta,
per quanto stimolante, ma che sembra nascondere qualcosa di più profondo alla
quale lo spettatore non può ancora accedere.
Ve
lo giuro, guardare due volte questo film mi ha dato una nuova consapevolezza.
Conoscevo la fine e quindi ho potuto inquadrare il tutto sotto una differente
chiave di lettura. A questo senso di lentezza, lentamente, si è aggiunto anche
il senso di disaggio. Disaggio sicuramente dato anche dalla performance
attoriale di Jesse Plemons che per me resta sempre e comunque il personaggio
viscido interpretato in black mirror… si credo che l’averlo visto in black
mirror abbia fagocitato questa sensazione. Se a ciò annunciamo anche il fatto
che alla conversazione della coppia vengono anche aggiunte le immagini della
vita quotidiana di un bidello che, all’apparenza, sembra non avere nulla a che
fare con la coppia, la combo diventa micidiale. Il disagio diventa parte dello
spettatore.
Vi
confesso che ho iniziato a sospettare immediatamente del fatto che il bidello
fosse Jake stesso.
Ad
un certo punto Jake nomina un poema omonimo alla donna che al suo fianco. Un
poema su una certa Lucy morta giovane nella quale la figura della donna viene
idealizzata e formata secondo le idee che l’autore stesso aveva. Elemento
essenziale dal momento in cui noi conosciamo la fine di questa pellicola. Una
parte di me ha pensato che lo stesso Jake avesse creato questa Lucy e che le
scene successiva fossero solo frutto di quell’ideale pre-costruito.
Lucy
appare stanca, ma non si sa bene se a stancarla sia la vita stessa o la
relazione che sta vivendo con Jake. Si pone dei dubbi, si interroga e non trova
risposte, come se appunto lei provenisse dal niente e dal tutto allo stesso
tempo. Da delle risposte, durante la conversazione, che sembrano essere ciò che
Jake vuol sentirsi dire. Lui, imbarazzato, solo, solitario e cupo. Lui chiuso
in se stesso, nel suo mondo, nel suo viaggio.
Ammetto
di amare quei film il cui orrore è nascosto e non manifesto. Chi mi segue sui
social mi ha sentito parlare molto spesso di The Perfection, anche se in un
momento preciso di quel film l’orrore diviene palese. Qui, infatti, nel momento
in cui la coppia arriva a casa dei genitori di lui iniziano tutta una serie di
situazioni che contribuiscono alla creazione del grottesco.
La
storia del maiale, la fattoria, gli agnelli, stabiliscono un legame
inscindibile tra vita e morte che in fin dei conti è motore dell’intera
pellicola. Ci rendiamo, ben presto, conto che il tempo sembra scorrere quasi in
modo diverso all’interno di quella casa, quasi come se tutti i ricordi di una
vita si sovrapponessero l’uomo all’altro. Durante la cena, dunque, proviamo un
senso di smarrimento senza pari e il contributo è sicuramente da attribuire ai
genitori di Jake. Toni Colette e David Thewlis sono strabilianti. Toni Colette
è un eccellente elemento per la creazione di quell’orrore che proviene
dell’uomo e non dal paranormale. Dio mio l’ansia che mi mette addosso quella
donna con le sue espressioni, vi giuro… se l’avessi davanti a me le vorrei fare
un applauso per tutte le emozioni che riesce a darmi solo vedendola in scena.
Quello
che comunque vediamo, fin dal principio, sembra essere il punto di vista di
Lucy. Sentiamo il suo flusso di pensieri, la sua voglia di farla finita e i
suoi interrogativi. Ma ad un certo punto le coordinate date allo spettatore si
invertono facendoci rendere conto che in realtà non è lei la protagonista di
questa storia, ma che appunto è lo stesso Jake. Lui che racconta a se stesso
una storia, lui che crea il suo mondo, lui che ha deciso di farla finita qui. È
la versione adulta, il bidello, ad essere il protagonista della storia perché è
tutta nella sua mente. Lui solitario fallimento che ha abbandonato la sua
carriera da fisico e anche la possibilità di avere un amore.
Ci
sono diversi elementi che ci fanno comprendere quando in realtà siamo nella
testa di Jake, perché ciò che ci viene mostrato della quotidianità del bidello
si soprappone alla narrazione quasi come se ci fosse uno spostamento
dell’attenzione. Un momento prima l’uomo sta spazzolando a terra, un attimo
dopo invece ipotizza e ricorda come sarebbe stata una cena a casa dei suoi
genitori se avesse portato loro una ragazza. In un istante sta guardando un
film e la sua attenzione è così settata sui titoli di coda da poter essere
assimilati dallo spettatore stesso. Particolare anche la scelta finale di
mantenere quei titoli di coda di una commedia romantica diretta da Zemeckis, il
regista di ritorno al futuro.
Allo
stesso modo la scena in cui Lucy guarda la foto si chiede se in una foto in
particola sia lei quella ad esservi immortalata, quindi vi è una
sovrapposizione dell’io e un cambio del soggetto in foto. Dettagli, piccoli
dettagli che danno i campanelli d’allarme allo spettatore per ciò che sta
guardando. Lucy e Jake sono imperturbati dai cambiamenti dei genitori, mentre
loro invecchia e ringiovaniscono senza che vi sia una reale coerenza temporale.
Come appunto una serie di ricordi che si soprappongono quando si è
sovrappensiero.
Ci
sono delle cose che ancora non mi sono molto chiare, come la fermata al negozio
di frullati gelati, ma da quel momento in poi ci si avvia verso la fine del film
e di conseguenza inizia ad avvenire il ribaltamento del punto di vista. Credo
che certe cose mi possano essere chiarificate dalla lettura del libro, motivo
per cui mi sentirete nuovamente parlare di questa pellicola.
Prima
di concludere, però, vorrei sottolineare la bellezza della scrittura del
personaggio di Lucy. Lei, nonostante sia figlia del rimpianto di un uomo giunto
al termine della sua vita, è la rappresentazione di una meravigliosa
complessità mentale. I pensieri suicidi, infatti, vengono avvalorati dal modo
con cui lei stessa descrive i suoi sentimenti; la sua apatia soprattutto. Vive
e non vive. Guarda e osserva, ma allo stesso tempo p distaccata da quella
stessa visione. Allo stesso tempo attraverso di lei si parla di consenso, di
volontà, di responsabilità e di aspettative. Si parla di tutti quei concetti
che per anni hanno e continuano ad accendere le donne.
Rimpianto
e letteratura si rincorrono in quello che è davvero un poema cinematografico.
Non so quanto la fine del film si avvicini a quella del libro, ma le note che
riesce a raggiungere con i pezzi di animazione o di musical sono davvero
sublimi e determinano ancora di più la presenza di quel delirio mentale che
governa tutto il film.
1 commento:
Perché abbiamo bisogno di ottenere la felicità https://streamingcommunitynuovo.tv dai film, cosa ne pensi?
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