#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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sabato 1 giugno 2019

La prima volta in cui venni pagata per vedere un film


Le mie avventure legate al mondo del cinema e della televisione sono tutte impresse nella mia mente, in modo quasi indelebile. Ci sono istanti precisi associati a emozioni talmente tanto intense da non poter essere narrate, che però possono essere rievocate alle scene dei film che le hanno accompagnate, componendo una lenta trama che ormai dura 24 anni.

Ricordo quasi tutte le mie prime volte connesse ai film, o sicuramente le mie prime volte in cui ho iniziato a capire cosa fosse questo mondo.
La prima volta in cui piansi, ad esempio, abbracciata a mio padre nel vedere che fine facesse Lemon Novecento; oppure quella volta in cui risi così tanto davanti ad un Mushu indignato. Personaggi e istanti così preziosi da spingermi a credere che siano i tasselli che compongono la mia vita.
Io parlo attraverso i film perchè loro hanno parlato con me. Merito del mio DNA, che credete?! Tutto merito di quella composizione chimica che sembra spingere almeno un componente per generazione, nella mia famiglia, verso una carriera collaterale a questo mondo. Di aneddoti in grado di testimoniare ciò ne conosco a bizzeffe, e non basterebbe neanche tutta la vostra pazienza per poterli leggere tutti insieme, ma almeno oggi vi voglio raccontare la mia prima volta in cui venni pagata per un film.

Avevo più o meno 15 anni, piena fase di ribellione adolescenziale. I momenti in cui pensavo che mio padre non capisse niente si alternavano a quelli in cui era tutto il mio mondo con fin troppa frequenza. Per la cronaca, adesso prevale la seconda. E quello di cui vi sto parlando era uno di quelli che appartengono al primo caso. Come potete ben immaginare, la prima volta in cui venni pagata per vedere un film, fu mio padre a farlo.
Come stavo dicendo, lui per me non capiva niente e di conseguenza era facile pensare che il film che stesse per iniziare alla tv non fosse altro che un inutile fiasco. Un musical, ma a me piacevano già i musical! Avevo già visto almeno cinque volte “Nine”, e lo stesso discorso valeva moltiplicato per due se prendevamo in esame High School Musical. Si, ai fin dei conti possiamo dire che quella che non capiva niente ero semplicemente io (ma vi svelo un segreto: sono pochi i 15enni che capiscono realmente qualcosa).

‘Un musical, quindi? Sugli anni 70? Sulla guerra del Vietnam e i figli dei fiori? Oh andiamo papà, davvero non hai idea di chi tu abbia davanti?’
Oh, ma eccome se mi conosceva. Mi conosceva meglio di quanto io stessa ancora oggi non mi conosca. E in fondo credo che lui si aspettasse persino la mia risposta. Del resto quale adolescente avrebbe mai ammesso che suo padre avesse ragione, se posta davanti alle mie stesse condizioni?

Hair così iniziò e io venni trascinata sulle meravigliose note di Aquarious, coinvolta dalla sua storia restando, poi, colpita dalla sua fine. Entrò, con la facilità di uno schiocco di dita (e questa è una citazione) a pieno diritto nella lista dei miei film preferiti.
Sotto l’urlo del “Let The Sunshine In” mi alzai dopo i titoli di coda sprezzante e incurante di tutto e tutti. Lo spazio tra divano e tavolo, all’interno della mia cucina, divenne quello stretto corridoio da film western e, dopo aver intascato i miei immeritatissimi cinque euro, guardai mio padre negli occhi pronta a congedarmi. Memore della sua proposta «mettiti seduta qui, guarda il film e ti darò cinque euro», sottolineai quanto non volessi dargliela vinta. Una semplice frase fu quella che pronunciai, e fu capace di contenere tutto il mio gelido apprezzamento «tanto lo avrei visto comunque». Un ghigno, simbolo della mia soddisfazione si era ormai formato sul mio volto, mentre giravo i tacchi e pensavo a quale assurda leccornia mi sarei potuta permettere con il mio bottino.

Fu allora che una tessera del mio puzzle trovò il proprio posto; piccola, non era realmente neanche la prima, ma come le altre fu fondamentale. Quei primi cinque euro, visti con il senno del poi, non fanno altro che ricordarmi quanto fosse stata bella la sensazione di poter pensare ‘ehi, ma ho guadagnato guardando qualcosa che mi è piaciuto, forse potrei farlo anche un domani!’. Del resto di gente che lo fa ce n’è… perché non provare a studiare per poter cercare di parlare della mia più grande passione?

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