#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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giovedì 29 ottobre 2020

#Lapiziaween: Sto pensando di finirla qui - Recensione

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(SPOILER ALLERT) Ho iniziato questo film incuriosita dal titolo. Ne avevo sentito già parlare, ma non sapevo se fidarmi o meno delle critiche che gli erano state mosse così, mossa anche dal periodo pre-halloween ho deciso di premere play. Ammetto che quando la narrazione è iniziata mi sono sentita molto confusa, forse a tratti annoiata… e ho pensato che comunque non gli stessi dando la giusta attenzione.

Infatti, vi avviso… ho visto questo film due volte proprio per poter cercare di cogliere ciò che mi era sfuggito in un primo momento. Del resto, le migliori analisi vengono proprio eseguite nell'istante in cui si prende il tempo necessario per poter assimilare. L'analisi del testo non è cosa facile, soprattutto se il significato è ben nascosto.

Le prime scene, infatti, mi hanno destato lo stesso senso di smarrimento. La voce di Lucy, interpretata da Jessie Buckley, molto lenta e monocorde. Quasi come se stesse realmente leggendo un libro e non stesse confessando una propria interiorità, i propri pensieri per intenderci. Il viaggio che intraprende con il suo ragazzo si muove sulla stessa corda, lei continua a pensare di finirla qui e per un breve istante Jake sembra avvertire quel pensiero. Ma da ciò si innesca la loro conversazione e da quel momento in poi i sue iniziano a discutere di fisica, poesia e letteratura. Una conversazione che potrebbe sembrare abbastanza lenta, per quanto stimolante, ma che sembra nascondere qualcosa di più profondo alla quale lo spettatore non può ancora accedere.

Ve lo giuro, guardare due volte questo film mi ha dato una nuova consapevolezza. Conoscevo la fine e quindi ho potuto inquadrare il tutto sotto una differente chiave di lettura. A questo senso di lentezza, lentamente, si è aggiunto anche il senso di disaggio. Disaggio sicuramente dato anche dalla performance attoriale di Jesse Plemons che per me resta sempre e comunque il personaggio viscido interpretato in black mirror… si credo che l’averlo visto in black mirror abbia fagocitato questa sensazione. Se a ciò annunciamo anche il fatto che alla conversazione della coppia vengono anche aggiunte le immagini della vita quotidiana di un bidello che, all’apparenza, sembra non avere nulla a che fare con la coppia, la combo diventa micidiale. Il disagio diventa parte dello spettatore.

Vi confesso che ho iniziato a sospettare immediatamente del fatto che il bidello fosse Jake stesso.

Ad un certo punto Jake nomina un poema omonimo alla donna che al suo fianco. Un poema su una certa Lucy morta giovane nella quale la figura della donna viene idealizzata e formata secondo le idee che l’autore stesso aveva. Elemento essenziale dal momento in cui noi conosciamo la fine di questa pellicola. Una parte di me ha pensato che lo stesso Jake avesse creato questa Lucy e che le scene successiva fossero solo frutto di quell’ideale pre-costruito.

Lucy appare stanca, ma non si sa bene se a stancarla sia la vita stessa o la relazione che sta vivendo con Jake. Si pone dei dubbi, si interroga e non trova risposte, come se appunto lei provenisse dal niente e dal tutto allo stesso tempo. Da delle risposte, durante la conversazione, che sembrano essere ciò che Jake vuol sentirsi dire. Lui, imbarazzato, solo, solitario e cupo. Lui chiuso in se stesso, nel suo mondo, nel suo viaggio.

Ammetto di amare quei film il cui orrore è nascosto e non manifesto. Chi mi segue sui social mi ha sentito parlare molto spesso di The Perfection, anche se in un momento preciso di quel film l’orrore diviene palese. Qui, infatti, nel momento in cui la coppia arriva a casa dei genitori di lui iniziano tutta una serie di situazioni che contribuiscono alla creazione del grottesco.

La storia del maiale, la fattoria, gli agnelli, stabiliscono un legame inscindibile tra vita e morte che in fin dei conti è motore dell’intera pellicola. Ci rendiamo, ben presto, conto che il tempo sembra scorrere quasi in modo diverso all’interno di quella casa, quasi come se tutti i ricordi di una vita si sovrapponessero l’uomo all’altro. Durante la cena, dunque, proviamo un senso di smarrimento senza pari e il contributo è sicuramente da attribuire ai genitori di Jake. Toni Colette e David Thewlis sono strabilianti. Toni Colette è un eccellente elemento per la creazione di quell’orrore che proviene dell’uomo e non dal paranormale. Dio mio l’ansia che mi mette addosso quella donna con le sue espressioni, vi giuro… se l’avessi davanti a me le vorrei fare un applauso per tutte le emozioni che riesce a darmi solo vedendola in scena.

Quello che comunque vediamo, fin dal principio, sembra essere il punto di vista di Lucy. Sentiamo il suo flusso di pensieri, la sua voglia di farla finita e i suoi interrogativi. Ma ad un certo punto le coordinate date allo spettatore si invertono facendoci rendere conto che in realtà non è lei la protagonista di questa storia, ma che appunto è lo stesso Jake. Lui che racconta a se stesso una storia, lui che crea il suo mondo, lui che ha deciso di farla finita qui. È la versione adulta, il bidello, ad essere il protagonista della storia perché è tutta nella sua mente. Lui solitario fallimento che ha abbandonato la sua carriera da fisico e anche la possibilità di avere un amore.

Ci sono diversi elementi che ci fanno comprendere quando in realtà siamo nella testa di Jake, perché ciò che ci viene mostrato della quotidianità del bidello si soprappone alla narrazione quasi come se ci fosse uno spostamento dell’attenzione. Un momento prima l’uomo sta spazzolando a terra, un attimo dopo invece ipotizza e ricorda come sarebbe stata una cena a casa dei suoi genitori se avesse portato loro una ragazza. In un istante sta guardando un film e la sua attenzione è così settata sui titoli di coda da poter essere assimilati dallo spettatore stesso. Particolare anche la scelta finale di mantenere quei titoli di coda di una commedia romantica diretta da Zemeckis, il regista di ritorno al futuro.

Allo stesso modo la scena in cui Lucy guarda la foto si chiede se in una foto in particola sia lei quella ad esservi immortalata, quindi vi è una sovrapposizione dell’io e un cambio del soggetto in foto. Dettagli, piccoli dettagli che danno i campanelli d’allarme allo spettatore per ciò che sta guardando. Lucy e Jake sono imperturbati dai cambiamenti dei genitori, mentre loro invecchia e ringiovaniscono senza che vi sia una reale coerenza temporale. Come appunto una serie di ricordi che si soprappongono quando si è sovrappensiero.

Ci sono delle cose che ancora non mi sono molto chiare, come la fermata al negozio di frullati gelati, ma da quel momento in poi ci si avvia verso la fine del film e di conseguenza inizia ad avvenire il ribaltamento del punto di vista. Credo che certe cose mi possano essere chiarificate dalla lettura del libro, motivo per cui mi sentirete nuovamente parlare di questa pellicola.

Prima di concludere, però, vorrei sottolineare la bellezza della scrittura del personaggio di Lucy. Lei, nonostante sia figlia del rimpianto di un uomo giunto al termine della sua vita, è la rappresentazione di una meravigliosa complessità mentale. I pensieri suicidi, infatti, vengono avvalorati dal modo con cui lei stessa descrive i suoi sentimenti; la sua apatia soprattutto. Vive e non vive. Guarda e osserva, ma allo stesso tempo p distaccata da quella stessa visione. Allo stesso tempo attraverso di lei si parla di consenso, di volontà, di responsabilità e di aspettative. Si parla di tutti quei concetti che per anni hanno e continuano ad accendere le donne.

Rimpianto e letteratura si rincorrono in quello che è davvero un poema cinematografico. Non so quanto la fine del film si avvicini a quella del libro, ma le note che riesce a raggiungere con i pezzi di animazione o di musical sono davvero sublimi e determinano ancora di più la presenza di quel delirio mentale che governa tutto il film.

 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perché abbiamo bisogno di ottenere la felicità https://streamingcommunitynuovo.tv dai film, cosa ne pensi?