Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn è l’ennesimo tentativo della Warner Bros. di cercare di creare un universo cinematografico per i personaggi DC, degno rivale della Marvel. Tentativo che, nel macro-universo, mostra le fallimentari volontà del franchising. Il film dimostra, ancora una volta, quando effettivamente sia la scrittura della sceneggiatura le vera pecca, perché nel momento in cui vi sono più di un personaggio protagonista della scena il tutto entra nella confusione più totale.
Il titolo del film è Birds of Prey, ci si aspetta quindi che il film sia incentrato su queste gentil donne che cercano la loro rivalsa, ma in realtà quello che si ha davanti è un fantasmagorico viaggio nella folle mente della psicologa Harleen Quinzel. Ecco quindi la principale ragione per cui il pubblico può trovarsi spiazzato, un titolo molto clickbait che ti spinge a pensare di poter vedere qualcosa e invece è tutt’altro. Messe da parte le donne che campeggiano in tutta la loro furia sulla locandina del film, ci si concentra quindi su Harley. Lei che da sempre è stata affetta dalla sindrome di Stoccolma, dopo gli scontri della squadra suicida, cerca la sua emancipazione. Harley racconta la storia, fa le sue folli digressioni, permettendo in maniera abbastanza furba allo spettatore di seguire i passaggi logici che la cronologia degli eventi richiede.
Se, infatti, si entra in sala consapevoli del fatto che gli eventi sono narrati e governati da l’ex di Joker, allora si può leggere anche in maniera differente quello che sono i contenuti della pellicola. Viene più semplice da spiegare, così, alcuni “eccessi” di potenza nel combattimento corpo a corpo – scene magistralmente coreografate e visivamente riuscite – o le digressioni che la stessa Harley aggiunge nel racconto quando la sua mente sembra sconnettersi.
La pellicola è divertente, ilare, e la musica rende il tutto ancora più surreale e fumettoso. Margot Robbie da prova delle sue doti attoriali, riuscendo a restituire una performance pari alla Harlery che i fumetti e i cartoni hanno creato. L’emancipazione, probabilmente, non avviene fino in fondo, ma sicuramente è un primo tentativo per cercare di rendere forte un personaggio così ampiamente amato (immotivatamente per quanto mi riguarda) dal grande pubblico.
Per quanto riguarda Black Mask, ancora una volta, si è davanti lo stesso identico problema: la scrittura della sua caratterizzazione. Il nemico, molto spesso, viene lasciato un po' a se stesso, il pubblico sa che c'è qualcuno che rappresenterà il male che si contrapporrà al nostro eroe (o in questo caso anti-eroe). Roman Sionis, interpretato magistralmente da Ewan McGregor, ha manie espansionistiche, o per meglio dire di dominio, su Gotham; si scontra, così, con i capi malavitosi cercando di poterne carpire il controllo. L'unica ragione per cui decide di scagliarsi contro Harley Quinn è il fatto che la trovi insopportabile e, non essendo più la regina del Joker, lei è una facile e scoperta preda. Un nemico che, in sostanza, non fa altro che ribadire quanto poco temibile possa essere una donna.
Una cosa "davvero" divertente è l'ennesimo luogo comune che diventa ilare contestualizzato nel film. Quanto vi fa ridere vedere che l'ennesimo mafioso è di origine Italiana, anzi... Siciliana?
Helena Bertinelli (Mary Elizabeth Winstead), ritenuta troppo spietata dal Batman dei fumetti, è l'alter-ego "auto-nominato" della Cacciatrice. Le scene che la introducono ricordano molto quelle che raccontano la storia di O-Ren Ishii, personaggio di Kill Bill. Nel racconto della perdita dei suoi genitori e del modo con cui sia sopravvissuta e si sia allenata, c'è qualcosa di orientaleggiante che un po' rimarca il sapore che Tarantino ha dato a quel personaggio Giappo-Americano.
Credo che sia del tutto riduttivo concentrarsi solo su Harley Quinn perché è divertente, folle e spumeggiante. Ci sono altri personaggi femminili del DC Universe che meriterebbero di certo maggiore attenzione, ma che soprattutto potrebbero essere simbolo di quella rivoluzione femminile che si sta cercando di portare avanti. Le Bids of Prey da sole non avrebbero attirato lo stesso pubblico in sala, quindi è stata necessaria l’associazione con un personaggio più famoso, ma avrebbero necessitato di un po’ più di spazio visto che è il loro nome quello sulla locandina.
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