Prefazione
Fin da quando ero
una bambina, ho trovato quasi stucchevole iniziare a raccontare una storia nel
modo più classico. Il “c’era una volta” non mi è mai piaciuto, forse perché
sono cresciuta sentendomi ripetere, un po’ troppe volte, la prefazione del
Pinocchio di Collodi. Amo, ancora oggi, mio nonno, nonostante non ci sia più, per
avermela letta tutte le volte che volevo, o ogni qual volta io non riuscivo a
prendere sonno. Collodi aveva ingannato i suoi lettori, perché il protagonista
della sua storia non era un re o una regina, era solo un pezzo di legno. E
oggi, un po’ come allora, sono convinta che il modo migliore per iniziare a
raccontare una storia sia quello di spingere chi ci sta leggendo a “immaginare”
il mondo in cui lo si sta trasportando. Probabilmente Eco mi sgriderebbe per il
mio audace modo di rivolgermi direttamente al mio lettore, ma la mia magia
narrativa è iniziata parlandoti di me, perché senza di me questa storia non
esisterebbe, senza di me tu non potresti immaginare, senza di me non sapresti
dei personaggi di cui ti voglio parlare.