#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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venerdì 19 giugno 2020

#Netflix: vi consiglio "The Politician"

Per chi segue le pagine del mio blog è ormai chiaro il mio tentativo di rendere il venerdì il giorno in cui pubblico degli articoli più personali. Nonostante io debba parlarvi di così tante cose (ma vista la poca possibilità di andare in giro per Roma), voglio farvi conoscere una delle serie che più mi è piaciuta nell'ultimo periodo. 
Anche perché proprio oggi, sulla piattaforma di Netflix sono arrivate le puntate delle seconda stagione, quindi, vi voglio portare nel mondo di “The Politician”
Questa è una delle serie televisive facente parte del progetto firmato dallo showrunner Ryan Murphy, in collaborazione con Ian Brennan. Mi sentirete spesso parlare dei due, sia qui, che sul mio canale,  ma è praticamente inevitabile perché Mr. Murphy ha creato alcune delle serie con la quale sono praticamente cresciuta. Ho sempre trovato i suoi script fuori dalle righe, contro gli schemi, e il fatto che la maggior parte delle volte faccia lavorare praticamente gli stessi attori ha sempre costituito una parte interessante per me. 
Con Ryan Murphy gli attori hanno la possibilità di testarsi sul serio e di creare personaggi sempre più diversi sulle loro stesse espressioni. Così gli attori visti in Hollywood sono co-protagonisti in The politician; c’è chi, invece, ha fatto doppi o tripli personaggi come Evan Peters anche nella stessa stagione della stessa serie. Credo che qualcuno di loro abbia la necessità di andare in terapia una volta terminate le riprese.
Netflix ha allungato le mani su un’ottima preda, dando a Murphy la potenzialità di portare il suo pubblico su una continua montagna russa fatta di serie tv in grado di muoversi su poli opposti, che dividono nettamente il gusto del pubblico a metà. 

The Politician, così, mette a nudo la mentalità arrivista che permea la società americana, riuscendo a mostrare come si nasca disposti a mettere tutto in gioco o come si diventi senza scrupoli per poter cercare il proprio posto sul palcoscenico. Con le sue otto puntate mostra gli embrioni studenteschi di quella struttura politica che poi si espande a macchia d’olio nel sistema elettorale.
Le battute, le azioni, la frenesia, diventano così atti da divorare allo stesso modo con cui Payton Hobart, protagonista della serie, cerca di divorare i suoi avversari politici. Il dare per avere, il giocare tutte le proprie carte per saziare quella smania egoistica.
Chi diviene politico è perché c’è nato. Nutre la propria ambizione scalata dopo scalata, gradino dopo gradino. Non esponendo mai la propria debolezza a meno che questa non possa essere sfruttata.


Consiglio di vedere questa serie a chiunque voglia conoscere l’egoismo insito nell'americano medio, accompagnato dall'indole di celare ciò che è politicamente scorretto. Un modo per poter osservare come il sistema riesca a creare delle vere e proprie serpi in seno in grado di consumare chiunque gli capiti a tiro.

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