Prefazione
Fin da quando ero
una bambina, ho trovato quasi stucchevole iniziare a raccontare una storia nel
modo più classico. Il “c’era una volta” non mi è mai piaciuto, forse perché
sono cresciuta sentendomi ripetere, un po’ troppe volte, la prefazione del
Pinocchio di Collodi. Amo, ancora oggi, mio nonno, nonostante non ci sia più, per
avermela letta tutte le volte che volevo, o ogni qual volta io non riuscivo a
prendere sonno. Collodi aveva ingannato i suoi lettori, perché il protagonista
della sua storia non era un re o una regina, era solo un pezzo di legno. E
oggi, un po’ come allora, sono convinta che il modo migliore per iniziare a
raccontare una storia sia quello di spingere chi ci sta leggendo a “immaginare”
il mondo in cui lo si sta trasportando. Probabilmente Eco mi sgriderebbe per il
mio audace modo di rivolgermi direttamente al mio lettore, ma la mia magia
narrativa è iniziata parlandoti di me, perché senza di me questa storia non
esisterebbe, senza di me tu non potresti immaginare, senza di me non sapresti
dei personaggi di cui ti voglio parlare.
Immagina, mio caro
lettore, di trovarti all’interno di un
immenso giardino a forma di cuore. Esso è così tanto vasto da segnare un vero e
proprio varco all’interno della urbe romana. E tu, lettore moderno, che sei
abituato a saltare le righe che ti sto per proporre per poterne carpire il
succo, qualora non ti fermassi a immaginare, ti perderesti una passeggiata tra
statue e storie sussurrate. Respira a pieni polmoni l’aria profumata dai fiori
e preparati a salire, da piazza del Popolo alla Galleria la strada è tanta, ma
ti posso assicurare che tu non ti stancherai percorrendola.
Salendo, seppur lentamente,
ti troverai avvolto dai ricordi di vite che in passato hanno avuto la fortuna
di poter godere di questo splendore quando era ancor più vivo di adesso. Case su
case, giardini su giardini, possedimenti che in passato erano state dimore di
amori, luoghi romantici nella quale la calda passione si consumava, o nella
quale le liti potevano diventare duelli. Case su case che oggi sono piccoli
musei, piccole gemme in grado di raccontare il succo degli anni che sono
passati.
Ho sempre pensato
che il laghetto, all’interno di Villa Borghese, avesse un fascino quasi raro. La
Grecia si incontra con il barocco, la storia si fa sfarzo e le chiacchiere tra
una vogata e l’altra sono udibili ancor oggi. Un ombrellino pronto a serrare gli
sguardi inopportuni, un bacio lasciato a mezz’aria, un sorriso nato da un fulgido
caldo bagliore estivo. Amici e amanti che parlano della loro vita, che
scherzano sul rischio di bagnare le loro vesti all’interno di quella calda
acqua, un’anatra che potrebbe diventar molesta se non adeguatamente osservata.
Esculapio, figlio di
Apollo, ti osserva mentre tu immagini come sarebbe stato appartenere ad un’altra
epoca, o mentre sogni la tua altra vita ad occhi aperti. Chi saresti stato, caro
lettore? Cosa saresti divenuto? Cosa avresti fatto? Avresti sedotto la tua
bella prendendola per mano? Avresti ascoltato le risa dei tuoi compagni per poterti
unire giocosamente a loro? O avresti guardato il figlio di un Dio e pregato per
la sua benevolenza?
Un semi-dio che divenne
divinità come costellazione, ecco chi fu Esculapio. Una statua che simboleggia
la buona forte e la buona salute. Un Dio che in molti si sono soffermati ad osservare
e alla quale, la protagonista di questa storia, ha fatto un voto.
Immagina di passeggiare
per Villa Borghese e di incontrare la ragazza più bella che tu abbia mai visto.
Immagina i suoi capelli corvi, la sua pelle olivastra e i suoi occhi nocciola;
sai, diventano quasi verdi quando ride o quando il sole li colpisce.
Immagina il suo
sorriso, non quello falso che fa ai suoi padroni o quello di cortesia che
mostra agli ospiti degli stessi. Il suo sorriso vero, reale, quello che lascia
per le divinità o per le statue che circondano la sua vita. Quello stesso
sorriso che nessuno può vedere, a meno che lei non sia colta in fallo. Quello
stesso sorriso che grazie a Esculapio mostrerà a colui che è stato in grado di rubare
il suo cuore.
Se vuoi conoscere la storia di Cornelia non ti basterà far altro che chiudere gli occhi e passeggiare per Villa Borghese, sarà lei a trovare te.
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