#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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sabato 2 dicembre 2017

Monolight perde il confronto con il fumetto

Nel domandarsi “ma se… fosse anche questo” Monolith perde il suo confronto con la graphic novel.  Il mio entusiasmo per vedere questa pellicola, tanto da aver comprato in sua attesa il fumetto, è stato tradito da quegli enormi buchi di trama sulla quale lo spettatore si trova a riflettere al suo termine. Ivan Silvestrini ha più volte ribadito, durante la presentazione al Giffoni Film Festival, come avessero cercato di creare una storia collaterale a quella del fumetto; un altro punto di vista che mettesse in luce nuovi aspetti che le pagine dei due volumi non hanno mostrato, ma realmente risulta molto più esaustiva la lettura del fumetto che la visione del film. 

Il "dubbio" che il regista, unito alla collaborazione di Mauro Uzzeo - autore del fumetto e sceneggiatore del film -, voleva instaurare nel suo pubblico ha lasciato l'amaro in bocca in quanto effettivamente non si trovano concrete risposte a quello che viene mostrato. 
"Lei chi è realmente? Il marito la sta tradendo sul serio? L'auto più sicura al mondo può davvero essere messa KO da un semplice controllo in remoto?": tutte domande che, per come ci sono raccontate all'interno dei due volumi editi Bonelli, hanno una lineare risposta e rendono più credibile i fatti che succederanno. 

Monolith è l'auto protagonista di un film concepito in Italia, ma nato in America. Un mezzo di trasporto così sicuro da impattare immediatamente in quello scontro dicotomico uomo vs macchina. Un progetto trasmediale che ha come idea di base un concetto intrinseco nell'immaginazione collettiva, capace di prendere piede nell'ottica della ricerca della sicurezza più totale. Appare quindi interessante esaminare questa fantascienza che ci mostra un futuro ormai prossimo, tanto che il trailer riesce a far tenere il fiato sospeso e ci fa chiedere cosa realmente accadrà a quella donna e al suo bambino. 
Una narrazione che gioca molto sulle aspettative del pubblico, cercando - superficialmente - di far evolvere Sandra ponendola come unica reale risoluzione al problema. Le azioni che la protagonista compie sembrano spingere volutamente lo spettatore a credere che la soluzione possa provenire da terzi, che da un momento all'altro possa arrivare qualcuno a salvarli, ma realmente è solo lei che deve sopravvivere alle proprie paure e mancanze per poter cercare di salvare la vita del figlio. 

In sostanza la caratterizzazione dell'unico personaggio umano subisce un grandissimo impoverimento: alcuni degli aspetti più profondi e deliranti vengono arginati a conseguenze delle scelte sbagliate commesse; ogni singola azione sembra compiuta con una leggera stupidità di fondo e senza una reale riflessione sulle conseguenze riducendo così anche l'impatto della conclusione del film. La risoluzione di questa "evasione" realmente viene data dalla cosa più ovvia che si ha a disposizione: la sicurezza stessa del mezzo e la tecnologia di riavvio. 

Consiglio quindi di non guardare la pellicola se in precedenza non sono stati letti i fumetti perché, complici i costi elevati di realizzazione, la storia viene raccontata meglio all'interno di quest'ultimi e riusciamo a comprendere meglio anche le motivazioni che spingono i soggetti a compiere determinate azioni. 

Voto: 7/10 per il rischio di osare. 

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