#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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giovedì 19 marzo 2020

#Netflix: Raccontami di un giorno perfetto, un banale e noioso teen-drama


Risultato immagini per raccontami di un giorno perfettoDal 28 febbraio 2020 è disponibile su Netflix “Raccontami di un giorno perfetto”, trasposizione filmica dell’omonimo romanzo scritto da Jennifer Niven co-sceneggiatrice della pellicola. Il titolo in originale è “All the Bright Places”, sicuramente più azzeccato nella sua traduzione letterale considerata la trama.

La storia si apre con Violet Markey intenta a prendere una decisione drammatica. Il dolore che prova durante il giorno del compleanno della sorella scomparsa la spinge a recarsi sul ponte cittadino, così da trovarsi faccia a faccia con i propri pensieri pronta a gettarsi. In suo aiuto, casualmente, viene Theodore Finch, un compagno di classe che vede qualcosa di speciale in lei tanto da non voler interrompere la loro conoscenza. Ma anche Theodore, nella sua vita, ha avuto così tanto dolore da essere per lo più costituito da crepe.


Se, da una parte, sembrerebbe che i due si facciano del bene reciprocamente; in realtà è solo Violet a godere di questo loro rapporto. È solo lei che lentamente si sente spinta, dal ragazzo, a riprendere a vivere la propria vita. Theodore è troppo rotto per permettere a Violet di conoscerlo sul serio o di avvicinarsi realmente a quello che lo ha ferito.
Lui giusto per lei, lei meno per lui.

Viste le premesse questo è l’ennesimo teen-drama che sembra quasi unire vari concetti presenti in “13 reasons why” e in milioni di altri film su adolescenti problematici. Ma, in questo caso, siamo davanti la sagra della banalità e della noia. La trama è piatta, lenta, i due giovani non trasmettono quasi nulla. Elle Fanning, interprete di Violet, è una bravissima attrice, ma ha un’espressività decisamente più adatta per altri ruoli piuttosto che quello della classica adolescente che deve superare una perdita. Anche Justice Smith, Theodore, è davvero molto bravo, ma esattamente come per la Fanning non da il meglio di se. Il problema di fondo è quasi sicuramente lo script, le battute sono decisamente superficiali. I personaggi non vengono approfonditi a dovere e in 107 minuti si cerca di raccontare i momenti più salienti di una storia che decisamente sembra non essere pervenuta. Un affetto nato dal dolore, un attaccamento forse morboso, un rapporto che in fin dei conti sano non è, perché è quando si scioglie che Violet ne capisce la potenza.


In sostanza siamo davanti la sagra della banalità, uno di quei film di Netflix che si aggiungono al suo palinsesto confermandosi senza infamia e senza lodi. Anzi… forse le prime un po’ ci stanno. Scontato tanto quanto il disclaimer finale, scontato quanto la domanda che sorge tra il pubblico “ma in America che problemi comunicativi hanno genitori e figli?”

Impiegate il vostro tempo con un altro film, sarà sicuramente più produttivo.

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