Se vi è piaciuta "Jane The Virgin" allora, con buona probabilità, vi affezionerete ai personaggi
di “Non ho mai…” una delle nuove serie Netflix che è stata recentemente doppiata
in italiano. Se, infatti, in Jane The Virgin avevamo la cultura sud americana
che la faceva da padrone, in questo caso siamo in presenza della ferrea disciplina
indiana.
Dopo aver passato un
anno orribile caratterizzato da un dolore così profondo che le ha provocato una
paralisi psicosomatica, Devi Vishwakumar vuole riuscire a scalare la piramide
sociale scolastica provando ad entrare a far parte dei ragazzi più fighi della
scuola. Così, insieme alle sue due migliori amiche cercherà di puntare le sue
carte vincenti sul tentare di avere tutte e tre un ragazzo.
Fin dalla prima
puntata viene immediatamente approfondito il background di Davi e delle sue
amiche; presentate nei loro gusti e nelle loro passioni, cose che verranno
lentamente approfondite e indagate nel corso della serie. Un po’ come se fossimo
in una teen comedy degli anni ’80, Davi deve venire a patti con una madre apprensiva,
una cugina che rappresenta la perfezione e con gli sguardi e i commenti dei compagni.
Tra la sua cotta storica e la sua nemesi le scintille sono dietro l’angolo.
La cultura indiana,
come sottolineato, è predominante e fondamentale per lo svolgimento della trama.
Il contesto nella quale la ragazza si muove, infatti, è fondamentalmente
dicotomico. Da una parte vi è la cultura americana, che l’ha realmente cresciuta;
e la cultura indiana alla quale la madre è molto fedele.
Quello che si ha in
queste puntate è un percorso di autoacettazione e di crescita da parte della
protagonista. Un’autoconsapevolezza che la maggior parte delle volte dimostra
quanto poco matura sia nonostante come secondo altri aspetti ella sia in grado
di auto-analizzarsi e demolirsi.
La struttura narrativa
della serie ha un ritmo incalzante. Ed essendo, molto spesso, teletrasportati all’interno
della mente di Davi per merito della voce del narratore, lo spettatore assume
in fretta il suo punto di vista, ciò viene accompagnato al movimento di camera,
dalle disgressioni in flashback o lo slowmotion che accentua i passaggi mentali
della ragazza. Quello che non vi viene mostrato, o narrato, scenicamente viene
raccontanto attraverso le confessioni che la protagonista fa alla psicologa. Ciò
dimostra come, in America, la maggior parte dei ragazzi preferiscano parlare con
un estraneo – seppur un professionista – per confessare le proprie emozioni,
piuttosto che i propri genitori. Molto spesso, in queste serie, si vede quanto i
ragazzi siano incapaci di considerare i propri genitori come un porto sicuro, mentre
al contrario i genitori sembrano dimenticare come era vivere da adolescente.
Il fatto che le
puntate durino solo 30 minuti garantisce alla narrazione una così notevole fluidità
che spinge lo spettatore a un rapido binge watching, un po’ come se si avesse
davanti un pacchetto di confettini e uno ne attirasse un altro.
1 commento:
I buoni film https://altadefinizionenuovosito.net si insegnano... Non arrabbiatevi e non avrete una sensazione negativa.
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