#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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domenica 17 maggio 2020

#Netflix: After Life - Recensione della seconda stagione

Il Regno Unito famoso da sempre per il suo humor fuori dagli schemi, ha deciso di puntare sul black, sicuramente qualcosa di più comprensibile e condivisibile. Le serie e i film che hanno una produzione inglese, infatti, stanno puntando a colpire un pubblico sempre adulto, ma più eterogeneo. Lo abbiamo visto con “Feel Good” o con “The End of the F***ing World”, ma lo vediamo anche in “After Life”.

Giunti alla 2° stagione, completate le 12 puntante, diviene quasi necessario analizzare e scandagliare una serie del genere. After Life parla di Tony e del modo con cui la sua vita continua dopo la scomparsa della moglie. Lui è depresso, sull’orlo del suicidio, pronto a scontrarsi con chiunque gli stia accanto; vive solo per poter rivivere ciò che la moglie gli ha marchiato a fuoco sotto pelle. Ricordi e filmati lo fanno andare avanti per inerzia, nonostante le ultime parole delle maglie lo spronassero a fare tutto il contrario.
Per la prima stagione il pubblico ha avuto modo di vedere l’atteggiamento autodistruttivo che questo personaggio aveva assunto per poter riuscire a superare il lutto, ma lo avevamo lasciato con la speranza di un nuovo inizio. Se, infatti, in un primo momento era rimasto ancorato al pensiero di essere migliore solo in compagnia di Lisa – la moglie – nel corso delle puntate, invece, si era notato un cambio di prospettiva. Tony, sostanzialmente, si era reso conto di come gli altri iniziavano a vederlo e di quanta positività possedesse nonostante il dolore.

After Life è una serie che mette a nudo le debolezze umane, le rappresenta e fa una cosa ben diversa dal solito: né le giustifica, né le condanna, è come se le accettasse. In un lento processo evolutivo vediamo come Tony impara a venire a patti con la realtà che lo circonda, con i propri ricordi e infine con se stesso. Le figure che lo circondano, fatte anche loro di pregi e difetti, lo aiutano in questo cammino dell’eroe. Viene così fatta risaltare la voglia di lottare e la voglia di affrontare qualsiasi dolore, qualsiasi perdita o persino qualsiasi etichetta. Le figure che circondano il protagonista, infatti, sono come appartenenti ad un mondo quasi surreale, ma sono “veri” più di quanto molto spesso non accada in altre rappresentazioni. Le emozioni che sono in grado di trasmettere al pubblico sono la vera forza della serie in quanto è come se lo spettatore non stesse facendo altro che guardare attraverso la mente del protagonista, come se ci fosse un velo attraverso la quale vedere così da provare le sue stesse emozioni. Quando si disgustato da un personaggio, le azioni di questo diventano ridicole o grottesche; allo stesso modo, quando è emotivamente interessato a qualcuno se ne percepisce la dolcezza e la gentilezza.

Tutto ciò non sarebbe possibile senza il talento di Ricky Gervais, lui non è solo l’interprete che veste i panni di Tony, ma è anche il  creatore, il regista e il produttore. Si vede, effettivamente, come il personaggio sia praticamente cucito sull’espressioni dell’attore e di come tutto si riesca a muovere davvero bene intorno a lui.
Siamo davanti a una serie che si mantiene costante e coerente nel corso delle sue puntante, cosa non facile vista l’evoluzione del protagonista. Nota che è possibile cogliere attraverso i due finali di stagione, praticamente simili e densi di aspettative e di speranza.
Nonostante, infatti, venga analizzato e scandagliato il dolore del protagonista nelle due stagioni il sentimento che prevale è la speranza.


2 commenti:

OscarJewerly ha detto...

di Ricky Gervais?

LolaKate ha detto...

la leggerezza di recitare nella sensazione di scegliere il film https://altadefinizione1.video giusto in cui recitare...