Il Regno Unito
famoso da sempre per il suo humor fuori dagli schemi, ha deciso di puntare sul
black, sicuramente qualcosa di più comprensibile e condivisibile. Le serie e i
film che hanno una produzione inglese, infatti, stanno puntando a colpire un
pubblico sempre adulto, ma più eterogeneo. Lo abbiamo visto con “Feel Good” o
con “The End of the F***ing World”, ma lo vediamo anche in “After Life”.
Giunti alla 2°
stagione, completate le 12 puntante, diviene quasi necessario analizzare e
scandagliare una serie del genere. After Life parla di Tony e del modo con cui
la sua vita continua dopo la scomparsa della moglie. Lui è depresso, sull’orlo
del suicidio, pronto a scontrarsi con chiunque gli stia accanto; vive solo per poter
rivivere ciò che la moglie gli ha marchiato a fuoco sotto pelle. Ricordi e filmati
lo fanno andare avanti per inerzia, nonostante le ultime parole delle maglie lo
spronassero a fare tutto il contrario.
Per la prima
stagione il pubblico ha avuto modo di vedere l’atteggiamento autodistruttivo
che questo personaggio aveva assunto per poter riuscire a superare il lutto, ma
lo avevamo lasciato con la speranza di un nuovo inizio. Se, infatti, in un
primo momento era rimasto ancorato al pensiero di essere migliore solo in
compagnia di Lisa – la moglie – nel corso delle puntate, invece, si era notato
un cambio di prospettiva. Tony, sostanzialmente, si era reso conto di come gli
altri iniziavano a vederlo e di quanta positività possedesse nonostante il
dolore.
After Life è una serie
che mette a nudo le debolezze umane, le rappresenta e fa una cosa ben diversa
dal solito: né le giustifica, né le condanna, è come se le accettasse. In un
lento processo evolutivo vediamo come Tony impara a venire a patti con la
realtà che lo circonda, con i propri ricordi e infine con se stesso. Le figure
che lo circondano, fatte anche loro di pregi e difetti, lo aiutano in questo
cammino dell’eroe. Viene così fatta risaltare la voglia di lottare e la voglia
di affrontare qualsiasi dolore, qualsiasi perdita o persino qualsiasi etichetta.
Le figure che circondano il protagonista, infatti, sono come appartenenti ad un
mondo quasi surreale, ma sono “veri” più di quanto molto spesso non accada in
altre rappresentazioni. Le emozioni che sono in grado di trasmettere al
pubblico sono la vera forza della serie in quanto è come se lo spettatore non
stesse facendo altro che guardare attraverso la mente del protagonista, come se
ci fosse un velo attraverso la quale vedere così da provare le sue stesse
emozioni. Quando si disgustato da un personaggio, le azioni di questo diventano
ridicole o grottesche; allo stesso modo, quando è emotivamente interessato a qualcuno
se ne percepisce la dolcezza e la gentilezza.
Tutto ciò non
sarebbe possibile senza il talento di Ricky Gervais, lui non è solo l’interprete
che veste i panni di Tony, ma è anche il
creatore, il regista e il produttore. Si vede, effettivamente, come il
personaggio sia praticamente cucito sull’espressioni dell’attore e di come
tutto si riesca a muovere davvero bene intorno a lui.
Siamo davanti a una serie
che si mantiene costante e coerente nel corso delle sue puntante, cosa non facile
vista l’evoluzione del protagonista. Nota che è possibile cogliere attraverso i
due finali di stagione, praticamente simili e densi di aspettative e di
speranza.
Nonostante, infatti,
venga analizzato e scandagliato il dolore del protagonista nelle due stagioni
il sentimento che prevale è la speranza.
2 commenti:
di Ricky Gervais?
la leggerezza di recitare nella sensazione di scegliere il film https://altadefinizione1.video giusto in cui recitare...
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