#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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venerdì 10 aprile 2020

#Netflix: Feel Good, dramedy semi-biografica

Feel Good ha trovato la chiave per poter trattare tematiche attuali come la sessualità e l’identità di genere o le dipendenze, non eccedendo in battute, ma cadenzando la sua drammaticità e la sua ilarità in un ritmo ben cadenzato. 
Serie tv approdata su Netflix lo scorso 18 marzo, Feel Good è una dramedy britannica ideata – e interpretata – da Mae Martin e da Joe Hampson con direzione di Ally Pankiw. La prima stagione è composta da 6 episodi, dalla durata media di 30 minuti, e costituiscono un lavoro quasi autobiografico per Mae, molte delle caratteristiche – a partire dal nome – che compongono il suo personaggio, infatti, provengono proprio da quello che è il vissuto dell’attrice canadese. Mae è una stand-up comedian canadese che si esibisce sul palco di un pub Londinese. La prima puntata mostra al suo pubblico la protagonista nel suo luogo naturale, quello in cui si sente più a suo agio e nella quale riesce a parlare a cuore aperto.
Durante uno dei suoi spettacoli conosce George (Charlotte Ritchie), una ragazza eterosessuale che si mostra attratta fin da subito da lei, nonostante fino a quel momento avesse avuto e sognato relazioni con uomini. La loro relazione progredisce in pochissimo tempo e molto velocemente, tant’è che le due ragazze iniziano immediatamente a convivere insieme nell’appartamento di George. Ma se nel privato questa relazione procede a gonfie vele, pubblicamente alcune difficoltà iniziano ad avvertirsi, soprattutto a causa del fatto che George ha paura della reazione dei suoi amici e dei suoi familiari.
Mae ha inizialmente nascosto a George di essere stata dipendente dalle droghe durante gli 11 anni che hanno comporto la sua adolescenza. La dipendenza da droghe, però, come molto spesso accade nella realtà, nasce da altri bisogni e si riversa anche in altri aspetti della vita del drogato. Mae si mostra incapace di poter intrattenere una relazione sentimentale che duri a lungo ed è come se fosse alla continua ricerca di qualcosa che possa darle la pace che finora non ha avuto, ma, banalmente, l’unica persona che può darle una reale pace è lei stessa. La maturità che mostra in certi frangenti, con certe battute, dimostra quanto effettivamente reale sia ciò che è stato scritto per la serie. Nonostante Mae stia affrontando un percorso di crescita e di accettazione certi dialoghi mostrano la consapevolezza di quel che accadrà e soprattutto di quel che è stato già passato dalla Mae “reale”.

Il cast di cui la serie si avvale ha tutte le giuste caratteristiche per poter restare iconico nella mente dello spettatore. Mae è davvero bella e i suoi lineamenti androgini diventano parte integrante del suo personaggio. Charlotte, l’interprete di George, è un’ottima contro parte sia per fisicità che per capacità recitative, ha prorpio quelle caratteristiche che spingono a pensare a quanto sia inglese. Lisa Kudrow – amabile Phoebe Buffet di Friends – interpreta la madre di Mae; il suo essere distaccata e tal volta cinica unito alla sua svampitagine espressiva, la rendono un mix emotivo disarmante.

Feel Good incastona dentro di se tematiche attuali, ben ritmate, con una battuta non sempre scontata, ma molto spesso sottile. Siamo ben diversi dalla comicità che era possibile rintracciare in sit-com come MOM di Chuck Lorre. È una commedia dei contrasti, molto spesso è la punta più amara quella che suscita il sorriso, perché effettivamente mette a nudo una verità. Una piccola perla per potersi distrarre e per poter riflettere su cosa possa scatenare in chiunque un qualsiasi tipo di dipendenza. Un riflettore puntato su quella che è la necessità di amare se stessi per poter far in modo che gli altri ci accettino, perché in assenza di ciò persino una relazione può creare astinenza e dare alla testa.

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