#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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martedì 13 giugno 2017

Oceania/Vaiana/Moana

Con questo film di animazione si accende ancora l’occhio di bue sulla mentalità italiana. Come tutti sapranno, i distributori italiani hanno deciso di modificare il nome con cui il, cartone animato doveva essere conosciuto, non che quello della protagonista stessa perché avrebbe rievocato il ricordo di una delle personalità più discusse negli anni passati. Moana, così, è diventata Vaiana o, meglio ancora, Oceania; in questo modo la concentrazione dello spettatore è stata deviata da quella che sarebbe dovuto essere la storia della nuova eroina Disney, a quella che in realtà è la sua cultura.
Denominare il film in questo modo, secondo il mio punto di vista, ha lo stesso effetto che si ha avuto in precedenza con Frozen; sembra quindi una storia dove i protagonisti possono essere più di uno, ma in questo caso non è assolutamente così. I fatti nella narrazione si svolgono principalmente secondo quelle che sono le azioni di Vaiana e non vertono esattamente intorno al mondo in cui è nata, ma intorno a quella che è la sua missione e la sua personalità. Quindi davanti abbiamo la classica, rivisitata secondo ottica moderna, principessa Disney che deve seguire la sua strada.
Si è guadagnato due candidature agli Oscars e due agli Golden Globes; entrambe come miglior film e per miglior canzone. La prima penso che sia stata meritata dal modo con cui hanno fatto alcuni particolari effetti durante la scena.

Chi conosce altri film Disney credo che abbia notato come alcune delle scene possano essere simili a quelle di altri film. I disegni con cui sono stati realizzati i tatuaggi di Maui, ad esempio, sembrano ricordare i disegni che compongono l’animazione di alcune canzoni di Hercules.

Per quanto riguarda il resto della storia non sembra molto innovativa, forse un cumulo di luoghi comuni come gli stessi componenti del popolo polinesiano hanno fatto notare.
Risulta un po’ lento, non molto coinvolgente rispetto a molti altri film di animazione di quest’ultimo periodo. Il pubblico alla quale la Disney sembra puntare è la fascia che va dai 3 ai 12 anni

Nonostante la protagonista sia un adolescenza in piena fase di ribellione, è molto più facile l’immedesimazione proprio da chi ancora non è in piena fervenza. Perfetto, insomma, per far addormentare i propri piccoli.

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