#Lapiziaween: Le strade del male - Recensione

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giovedì 15 giugno 2017

Guardiani della Galassia vol. 2 - Recensione

(Contiene spoiler)
L’ho immaginato, l’ho aspettato e ho sperato che il cinema della mia città non fosse chiuso giorno 25 aprile per avere l’opportunità di vedere una pellicola nella quale riponevo profonda fiducia. Già dal trailer e dall’annuncio del cast completo, avevo capito che avrei amato questo film. James Gunn è riuscito a fare un sequel migliore del precedente, un’impresa titanica che ha messo in scena dei supereroi e le loro sfaccettature psicologiche.
La capacità che, di conseguenza, va riconosciuta al regista è quella di riuscire a sorprendere nonostante il fatto che avesse tra le mani personaggi dei personaggi già resi da lui stesso iconici, e dotarli di sfaccettature differenti che ti permettono di conoscerli al meglio. Una struttura narrativa, quindi, che si evolve e si sposta dalla semplice azione che da sempre ha caratterizzato il Cinematic Universe della Marvel, per poter esaminare la profondità dei legami affettivi (e non) che hanno accompagnato la loro vita. La trama è un semplice pretesto per poter dare il via ad una reazione a catena che ci permetterà di individuare il tipo di relazione che intercorre tra i caratteri che già conosciamo. La filosofia che il regista impone all’interno del film, permette, non solo una magnifica coerenza nella caratterizzazione di ogni singolo protagonista, ma infonde la giusta importanza ad ognuno dei soggetti in scena. Prendiamo ad esempio Baby Groot; nella sua realizzazione è stato ampiamente usato nelle campagne pubblicitarie, coinvolgendo il pubblico in ogni sua fascia di età. James Gunn ha reso accattivante qualcosa di così piccolo dandogli la giusta dose di protagonismo, senza mai farlo diventare ingombrante, ma al contrario il perfetto collante che lega sentimentalmente ogni componente di quella straordinaria famiglia che sono i Guardiani. Nelle stesse scene post titoli di coda si vede come lui non è semplicemente la mascotte del gruppo, ma che viene visto come quasi un figlio della quale ci si deve prendere cura.
Visivamente parlando il film è qualcosa di meraviglioso, la chiarezza nelle scene e la regia magistrale che vi è alle spalle permette di mostrare perfettamente il giusto nonostante la frenesia di alcuni combattimenti. Come del resto è giusto che sia, le scene di azione hanno non solo la loro importanza, ma il marchio della Disney si fa sentire nella realizzazione degli effetti grafici e in alcuni dei trucchi utilizzati per poter creare alcune creature aliene, basta aguzzare la vista per rendersi conto che molte delle battaglie stellari ne possano ricordare altre.

Quello che comunque abbiamo davanti sembra essere un universo più adulto, con battute (forse un po’ troppe) dal sapore un po’ spinto ed esplicito. Del resto il richiamo alla cultura pop, quindi ha chi ha vissuto la propria adolescenza negli anni 80 (quindi un pubblico decisamente adulto) è chiaro in questa pellicola come lo era nella precedente. La colonna sonora “awesome mix vol 2” e i richiami che si fanno ad essa, accompagnano lo spettatore trasportandolo nelle sensazioni che l’importanza di quelle canzoni evocano. Attori come David Hasselhoff, riferimenti a vecchie serie televisive, e i costumi riportano alla mente usi e costumi che oggi come non mai stanno tornando di moda. Simpatico esempio ne è la cresta punk di Yondu.
Michael Rooker era già stato capace di farci amare il suo personaggio nel primo film, ma in questo lascia senza parole, capace di farti commuovere e di renderti completamente partecipe alla formazione del nucleo familiare che vedi svolgersi sullo schermo.
Personaggi come Ego, che rappresenta il perfetto doppiogiochista, portano in scena quella persona della quale non sai se fidarti o meno. Carismatico e affascinante, è capace di conquistare il cuore di chiunque lo incontri lungo il proprio cammino. Personaggio che ho amato fino a quando non si sono scoperti i suoi altarini; una rivelazione tra tutte è stata quella che mi ha destato dal suo fascino esattamente come è successo con Peter.
L’introduzione di Mantis con le sue capacità è riuscita a creare una comicità di fondo che ha stemperato la durezza di molte rivelazioni sulla profondità psicologica di personaggi come Drax. Appare, quindi, come chiave di volta per la risoluzione della trama; “una pulce” di certo molto utile. Pom Klementieff, con le sue espressioni, ha reso perfettamente il personaggio che doveva interpretare, facendo intendere che molto altro ci sia sotto quello che lo spettatore ha avuto modo di vedere.

Un film da non perdere, che nonostante sia staccato dal nucleo della Infinity War, in realtà, ne è un ponte e non vedo l’ora di vedere il terzo film su di loro.

Nelle post credits scene, mi è sembrato di vedere un po’ della magia del Doctor Strange, mi sarò sbagliata?

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